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Leggo, scelgo, mangio.

letture sul cibo

Leggo, scelgo, mangio.

Leggere l’etichetta fa bene alla mente e al corpo.

“Non mangiare nulla che la nostra nonna non avrebbe mangiato”
Michael Pollan, In difesa del cibo, 2009

Affrontiamo l’etichetta

Anche chi non ama leggere si deve arrendere: ormai, per orientarsi nell’acquisto di qualsiasi prodotto, l’etichetta va letta. Perché l’etichetta ci spiega, in modo più o meno chiaro, cosa stiamo acquistando. Cosa stiamo per indossare, cosa stiamo per spalmarci sulla pelle, cosa stiamo per bere e cosa stiamo per mangiare. C’è il cotone organico, il sapone senza SLS, il make-up senza nickel. Basta fare un veloce giretto nel portale www.greenme.it per rendersi conto della complessità dell’argomento e per avere un’idea di quanto sia difficile effettuare un acquisto consapevole.

C’è da dire che mica a tutti questa cosa deve interessare: se fate parte di quelli che vivono sereni, senza farsi tante domande e che acquistano sulla base della soddisfazione immediata, smettete ora di leggere questo post, che vi risulterebbe oltremodo noioso.

A chi è rimasto, propongo, per cominciare, la lettura di un’etichetta di una brioche senza glutine che mi è capitato di acquistare:

Etichetta brioche senza glutine
Etichetta di una brioche senza glutine

Siete arrivati in fondo? Bene: questa è quella che io chiamo una ricetta “lunga”. 

Nelle etichette alimentari, più la ricetta è lunga, più è alta la probabilità che in essa si nascondano ingredienti sconosciuti ai più, funzionali alla produzione industriale, forse meno ad una sana alimentazione. Più la ricetta è lunga, più risulta difficile da decifrare: in questo caso il consumatore depone le armi della consapevolezza e si affida al claim pubblicitario, alla curiosità, all’attrattiva del pack o della convenienza economica.

Cosa sono tutte queste sigle?

Ormai da qualche anno gira in rete un video del Professor Berrino che, intervistato al supermercato, dà le indicazioni su come andrebbe fatta la spesa.

Può piacere o meno, ma una considerazione che fa riflettere la fornisce sicuramente: «Se nelle etichette vediamo troppi ingredienti c’è qualcosa che non va. Si tratta quasi sempre di sostanze chimiche che non hanno solo lo scopo di conservare il cibo, ma anche quello di stabilizzarne il gusto nel tempo per ragioni commerciali. Michael Pollan, nel suo libro In difesa del cibo raccomanda di andare sempre a fare la spesa con la nostra bisnonna, nel senso che quello che la bisnonna non riconosce come cibo non deve finire nel carrello della spesa».

Torniamo all’etichetta di prima e vediamo alcuni di questi ingredienti misteriosi:

  • E471/E475/E322 sono emulsionanti, aiutano cioè a rendere l’impasto elastico e morbido perché permettono di legare l’acqua ai grassi. 
  • E330 è un correttore di acidità e serve come miglioratore del gusto
  • E202 è un conservante, il sorbato di potassio, che garantisce una maggiore durata senza muffe e alterazioni
  • gomma di xanthano: è un addensante e uno stabilizzante dell’impasto che dà maggior corpo in assenza del glutine

Per chi avesse voglia di indagare, segnalo un portale fatto molto bene www.quotidianosostenibile.it nel quale si possono inserire come chiave di ricerca, tutti i singoli ingredienti ottenendo informazioni in merito alla funzione e all’impatto sulla salute.

Adesso possiamo scegliere

Naturalmente tutti questi ingredienti sono a norma di legge e contenuti nei quantitativi consentiti, per cui bando ai fanatismi di chi li considera veleni. Conoscerli però ha un senso: quello di permetterci di poter scegliere consapevolmente se mangiarli o meno.

Posso decidere di non assumerli perché sono convinto che facciano male, perché mi insospettiscono, perché vengono utilizzati in processi industriali nel cui gusto non mi riconosco.

O posso decidere, conoscendoli, di mangiarli ugualmente perché, se sono a norma, male non fanno, perché i cibi che li contengono sono per me irrinunciabili eccetera eccetera. 

Io personalmente, cerco di evitarli il più possibile. Così come cerco di evitare di assumere altri ingredienti comunemente e largamente  utilizzati nei prodotti industriali quali i grassi idrogenati, il sorbitolo, lo sciroppo di glucosio, gli aromi artificiali (la magica vanillina).

Per vari motivi, alcuni più concreti, altri anche velleitari.

Il primo è che in tutti questi anni di passione per la cucina, letture, corsi, non ho trovato nessuna conferma del fatto che facciano proprio bene. Nel dubbio, evito.

Il secondo è che mi piacciono i gusti delle materie prime, mi piace delinearli quando assaporo un cibo. Più sono gli ingredienti, meno questa operazione è possibile. E per me è un minus.

Il terzo è quasi estetico, anche se alla fine forse è quello in cui molti altri si potrebbero riconoscere…(facciamo outing insieme): la sbrodolata di ingredienti, sigle, numeri non mi piace. Mi fa sembrare la ricetta più simile ad un preparato farmaceutico che ad un delizioso dolcetto. 

Una ricetta Sincerity&Food

Insomma, mi piace la ricetta “corta”. E questa è la base per quello che produco.
Pochi ingredienti, il minor numero possibile per ottenere un prodotto buono.
Selezionati ingredienti, perché se il gusto non lo correggi, se l’impasto non lo emulsioni, se il prodotto non lo conservi artificialmente, le materie prime devono essere buone in sé.
Le mie ricette nascono da pensieri domestici, dalle richieste delle mie bimbe, dagli esperimenti che nel tempo ho collezionato cucinando per gli amici e per me stessa. Hanno una matrice artigianale, ottimizzata dalle competenze acquisite in questi anni di studio, formazione e sperimentazione.
Non ho  la pretesa di dire che i miei biscotti, le mie torte , il mio pane fanno bene, però posso affermare che sono sinceri. 

Il mio impegno è quello di fare prodotti buoni per tutti, da condividere. 

Crostatine gluten free